Paolo Veronese (Storia dell’arte)

Paolo Veronese

Paolo Caliari, detto il Veronese, è un altro dei grandi interpreti della pittura veneziana della seconda metà del Cinquecento. Al pari del Tintoretto, la sua ricerca pittorica è legata molto all’effetto scenografico, in grandi tele che affolla di personaggi e di numerosi particolari, sullo sfondo di complesse e spettacolari architetture.La sua formazione è però diversa dal Tintoretto. Non è la pittura di Tiziano a segnare il suo stile, bensì quella dei manieristi emiliani conosciuti tra Mantova e Parma, quali Giulio Romano, il Correggio e il Parmigianino. Da essi apprende il senso plastico delle figure, ma soprattutto una spiccata predilizione per la pittura di scorcio. Giunse a Venezia intorno al 1553 e vi rimase fino al termine della sua vita, realizzando nella città veneta le sue opere principali. A Venezia partecipò ai lavori di decorazione del Palazzo Ducale e della Libreria Marciana.

Compianto su Cristo Morto

Il Compianto sul Cristo morto è un soggetto divenuto molto popolare a partire dal XIV secolo e sviluppatosi soprattutto nel Rinascimento. In esso viene rappresentato Gesù dopo la sua deposizione dalla croce, circondato da vari personaggi che ne piangono la morte. Nel racconto della Passione di Cristo la scena del Compianto si colloca tra la Deposizione dalla Croce e la Deposizione nel Sepolcro. Il Veronese crea una composizione che già indica la via del manierismo. Lo spazio nella tela è diviso diagonalmente: da una parte si trova un affollato primo piano dove spicca il bianco corpo del Cristo sorretto sulle ginocchia dalla Madonna, come presente in numerose Pietà, dall’altra invece si trova uno spazio libero finno all’orizzonte dove si possono scorgere i luoghi della Pasqua, il Golgota, ove sono ancora presenti le tre croci, e più in lontananza la città di Gerusalemme. Il tutto è dominato da un cielo che si sta rischiarando di chiara ascendenza veneta

Annunciazione del Veronese

La scena si svolge in un’architettura palladiana, con una fuga di colonne al centro verso il punto di fuga di un arco che inquadra un giardino . Particolarmente monumentale appare il contrasto tra gli elementi verticali dell’architettura e il formato orizzontale del dipinto, che creano una scansione particolarmente solenne e d’effetto, anche grazie al senso di profondità accentuato dalla successione dei piani di luci e ombre. Idealmente il dipinto si divide in tre parti, la prima dove si trova l’angelo, la seconda dell’architettura, e la terza dove Maria si volta dalla lettura sull’inginocchiatoio in maniera teatrale, incrociando le braccia al petto in segno di umiltà. Il raccordo tra le tre parti è affidato a una nube luminosa di cherubini al centro della quale fa la sua comparsa la colomba dello Spirito Santo in discesa. L’angelo ha le vesti rigonfie dal volo appena terminato, capaci di creare aleganti riflessi cangianti nella stoffa, ed è in bilico in una posa asimmetrica, svolta in profondità, mentre solleva il dito destro per indicare il cielo, mentre col braccio sinistro tiene al petto il giglio candido

Sacra Famiglia con i santi Caterina e Giovannino

Su uno sfondo neutro, interrotto solo dallo spigolo di una parete, Maria, a destra, offre il proprio figlio dormiente all’omaggio di una santa in posizione predominante, con la palma del martirio, vestita come una principessa e quasi di spalle, e di san Giovannino, che bacia un piedino al fanciullo mentre san Giuseppe si piega su di lui con un gesto paterno, appoggiandogli una mano sulla spalla. Sull’identità della santa, dagli scarsi attributi iconografici, le fonti antiche parlano di Caterina d’Alessandria, la principessa martirizzata in Egitto, mentre studi moderni parlarono di santa Barbara: questa seconda ipotesi è oggi per lo più scartata, anche per il gesto con cui la santa porge la mano con l’anello al dito, come se fosse appena avvenuto il matrimonio mistico tipico dell’iconografia di santa Caterina. La ricercatezza delle pose, inclinate lungo la diagonale, il senso materico nella resa dei tessuti, i bagliori che accendono i capelli biondi della santa, la ricercatezza della sua acconciatura, gli effetti di luce ed ombra, sono tutti elementi di grande qualità, godibili appieno dopo che il restauro rimosse una vecchia ridipintura ingiallita

Allegoria della Battaglia di Lepanto

La sezione superiore mostra ciò che la critica più recente ha individuato come una rappresentazione della Vergine d’Adria , ammantata del mantello bianco della Fede, che è presentata al cospetto della Vergine del Rosario da San Pietro, San Giacomo, San Marco e Santa Giustina. I santi, protettori delle forze componenti la terza Lega Santa, sono disposti a semicerchio nell’atto di rendere omaggio alla Vergine. Alle loro spalle è dipinto un gruppo di angeli, riuniti in coro di preghiera in suffragio della vittoria, dei quali uno fa capolino tra le nuvole scagliando saette sulle navi ottomane. Nella parte inferiore, la cui divisione è resa chiara proprio dalla linea di nuvole, si svolge la battaglia vera e propria. Le navi sono illuminate da raggi di luce provenienti dal cielo soprastante, ad indicare come l’esito dello scontro fosse stato determinato da forze ultraterrene. L’allegoria è volta a sottolineare il ruolo svolto da Venezia nella battaglia, rispetto agli altri due componenti la Lega rappresentati dai propri patroni, essendo la Serenissima simboleggiata da due dei quattro santi

 

Marino D.

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